.


….è come una cartolina spedita ad una persona lontana, ma che ogni tanto arriva a riannodare il filo di una conversazione mai davvero interrotta … questi viaggi non iniziano nel momento in cui ci mettiamo in viaggio e neanche finiscono nel momento in cui raggiungiamo la destinazione finale :  in realtà cominciano molto prima e non finiscono mai dato che i ricordi continuano a scorrerci dentro anche dopo che ci siamo fermati. Una connessione con un successivo distacco … una vicinanza insieme ad una lontananza e ogni volta ci si trova davanti ad uno spettacolo nuovo. La sensazione è qualcosa di fisico che cresce inaspettatamente nello spazio e nel tempo, spiazzante e a volte inspiegabile. La vedo evolvere, cresciamo insieme…e se scrivere di questo viaggio equivale a rinchiudermi in casa parlando con me stesso,  quello che rimane è una narrazione privata…intima…interiore… che con ogni probabilità non servirà a nessuno ; ma come un soldato nel deserto vado avanti…


Arriviamo a Trebisonda e piove…è  strano come la pioggia alteri lo stato d’animo delle persone, tende a metterci di cattivo umore mentre il sole al contrario ci trasforma rendendoci più euforici. Il sole fa di tutto per farci pensare mentre la pioggia ci obbliga a farlo … o forse è solo una scusa per allontanarci dal mondo e guardare la pioggia che cade, ma ora andiamo si parte….



Oggi qui a Trebisonda non c’è più niente che ricordi il passato, non troveremo capolavori realizzati con cura o grandi nomi ed il più delle volte neanche eventi particolarmente significativi, ma la vita quotidiana di persone anononime e la realtà che la fotografia registra.



Iniziamo questo viaggio con una premessa. I territori dell’Anatolia Orientale che attraverseremo un tempo appartenevano alla Grande Armenia. È un obbligo morale raccogliere l’invito della chiesa armena a ricordare la sorte dei cristiani colpiti durante il genocidio armeno ad opera dei giovani turchi. Non significa solo ricordare e stimolare temi su eventi passati anche se dolorosi ma significa anche essere testimoni di documenti di memoria collettiva contro ogni forma di negazionismo tuttora esistente e strisciante. La Turchia non può cambiare il passato, ma può con coraggio affrontare la verità senza che le menzogne ipotechino il futuro, usando sempre grande pudore ma senza nascondere nulla … mentre io continuo a sforzarmi di trovare sempre la distanza giusta, evitando gli eccessi, limitandomi a ricordare momenti di vita…distrutta...per non dimenticare 



Vagabondiamo stanieri per le vie del centro storico, tra gente che parla una lingua che non è la nostra, con i suoi modi, cadenze i ritmi. Le parole, assumendo toni diversi,  mi scivolano addosso naufragando in solitudine senza nessun contatto significativo. Ci si sente ai margini, senza peso, sempre consapevoli della differenza.





Il passato rivive nell’incantevole chiesa medioevale di Any Sofya pesantemente restaurata ed oggi diventata moschea.





In uno scenario mozzafiato , incastrato su una parete rocciosa, sorge il monastero di Sumela, il complesso edificato da greci bizantini per custodire l’icona sacra della vergine Maria.







Erzrum, meta meno battuta dal turismo di massa, località sciistica per i Turchi, mentre per noi è una tappa di avvicinamento all’Ararat.


 L’atmosfera è metropolitana con il suo patrimonio di palazzi selgiucidi.



… e le solite chiese armene o chiese armene trasformate in moschee.




Siamo ad Ani. Di quella che un tempo fu la maestosa capitale dell’Armenia non restano oggi che poche rovine spazzate la vento che dominano  il confine turco / armeno ubicato a poche centinaia di metri. Immaginare è un esercizio complesso … ma ci viene naturale immaginarla all’apice del suo spendore quando poteva rivaleggiare con Costantinopoli in potere e bellezze achitettoniche.





La chiesa del Redentore fu costruita per ospitare una parte della vera croce portata fin qui da Costantinopoli.










La Cattedrale fu la sede del patriarcato ortodosso armeno.







…continuiamo a seguire il confine armeno e iraniano, un viaggio alla scoperta dell’Anatolia Orientale. Nonostante le mie limitazioni mi rendo conto di quanto l’orizzonte sia sconfinato. Percorriamo chilometri su chilometri, un abisso vertiginoso che contiene tutto ciò che mi ero immaginato. Fortezze e chiese armene che ostinatamente ulano la loro presenza in silenzio….






… un vero tesoro architettonico il Ishak Pasa Sarayi. Sembra uscito da un cartone animato delle Mille e una Notte. Forse il restauro è un po’ eccessivo, ma la posizione è superba….










… sullo sfondo il leggendario Ararat. Esiste nelle leggende fin della notte dei tempi a ricordare il luogo in cui venne a posarsi l’arca. 


Siamo sul lago di Van. Van è una città di frontiera a ridosso del confine iraniano sorprendentemente animata. In questa zona sorgeva la capitale del regno urartese chiamato Ararat nella Bibbia.





Chiesadella Santa Croce, è una meraviglia dell’architettura armena. Appollaiata su un’isola a pochi chiolometri da Van. Meravigliosi bassorilievi la decorano con episodi biblici.










La fortezza di Cevustepe fu costruita nell’ottavo secolo a.C. e fu la residenza dei sovrani urartesi.








…e come non dedicare uno spazio ai famosi gatti di Van con i loro straordinari, e mai visti, occhi bicolore. Resi famosi dal fatto che, a differenza diegli altri gatti, questi amamo l’acqua…o almeno così si dice. Secondo un’antica  leggenda i gatti di Van hanno imparato a nuotare quando saltarono giù dall’arca di Noè prima che si arenasse sul monte Ararat.  In internet è indicato come “gatto nuotatore”…che dire, proprio un bel gatto. 



Siamo a Diyarbakir, cuore del Kurdistan turco e definita dai Curdi la loro capitale. La lingua principale è il curdo e la seconda il persiano, e questo la dice lunga su questa pesante convivenza con il governo centrale. La popolazione discende dagli antichi Medi, oggi sparsa su un territorio diviso tra Siria, Iran, Iraq e Turchia. Questa vasta area in passato fu strumentalizzata dalle potenze occidentali per indebolire l’impero ottomano. La fine della prima guerra mondiale  decretando la fine dei grandi imperi cancellò il trattato di Sèvres e la possibile nascita dello stato curdo autonomo ostacolato anche dalla giovane repubblica turca. Fu allora che questa terra venne spartita tra Siria, Iran, Iraq e Turchia, e così anche i suoi 25 milioni di abitanti costretti a diventare delle minoranze nei paesi ospitanti. Gli anni seguenti, segnati da questa originaria divisione resero più complessa la questione dell’ indipendentismo nei vari paesi…riassumere cent’anni in poche righe non rende giustizia all’antica terra della Mesopomamia ed al suo popolo. Oggi Diyarbakir, città bagnata dal fiume Tigri rappresenta la roccaforte della tenacia del popolo curdo. Qui sono nati i movimenti di resistenza al governo centrale e sempre qui, nei giorni di protesta,  le strade vengono inondate da manifestazioni oceaniche. La città cinta da possenti mura avvolge un luogo dinamico e vivace, caotico ma interessante, e tutti inseriti in una strana temporalità, sospesa tra passato e presente, in sintonia con il movimento dello sguardo…..









…il tutto si manifesta in una scritta sul muro….


…nelle facciate di antiche dimore….











nell’arredamento di interni di chi ha vissuto….….ognuno con la sua piccola storia che attraversa la grande storia.




Karakus, il tumulo di funerario che custodisce le tombe di alcuni parenti e forse una delle mogli di Mitridate II. Le colonne in origine erano più numerose ma alcune vennero usate dai Romani per la costruzione del ponte sul fiume Cendere.






Ponte romano con le colonne asportate dal tumulo di Karakus dove si possono ancora leggere le iscrizioni in onore dell’imperatore Settimio Severo.



…è un enigma o forse mi piace pensarlo…sicuramente è il simbolo di questo paese che rende il posto imperdibile.  Scoperto circa cent’anni fa,  i lavori di scavo cominciarono negli anni ’50. Tutto iniziò quando un sovrano di nome Antioco in epoca pre romana fece costruire delle statue monumentali raffiguranti se stesso ed altre divinità. Dopodichè fece seppellire il tutto da un tumulo di rocce alto circa 50 metri. Si suppone che sotto tonnellate di pietre si trovi un tempio o qualcosa del genere ma nessuno lo può dire con certezza.





La testa di Zeus Oromasdes a Nemrut Dagi ci fa capire la grandiosità del progetto di Antioco I.  Che dire di questo piccolo re oscuro e un po’ megalomane vissuto all’ombra dell’impero romano. Dopo aver aiutato Pompeo a sconfiggere Mitridate aveva fondato una sua religione ed eretto superbi monumenti a se stesso, sorvegliati da gigantesche statue di dei ed eroi. Mi viene in mente Giano Bifronte. Due volti che guardano lo stesso tempo, il passato e il futuro. L’antico dio romano della soglia, degli inizi delle fini. Sono monumenti che rappresentano  momenti di transizione, quello che è stato e quello che sarà, accompagnati dallo scorrere lento del tempo…un’immagine singolare che sto per incontrare ovunque… o forse era solo un pazzo con molta fantasia….





Mi meraviglio camminando sotto questo complesso. Racconta il passare del tempo ma anche il suo azzeramento….










E stato un viaggio nel tempo … alla scoperta di un tempio incredibilmente antico. Il tempio di Gobekli. Scoperto nel 1995, sorge a pochi chilometri da Sanliurfa e dal confine siriano. Un classico esempio di tempio in pietra che assomiglia vagamente a Stonehenge ma molto più sofisticato. Alla fine dell’ultima glaciazione, circa 12.000 anni fa, molto prima dell’età del ferro, prima ancora dell’epoca delle grandi piramidi, prima delle più antiche civiltà conosciute, prima che l’uomo inventasse gli utensili, la scrittura, la ruota, in questa parte di mondo compreso tra il Tigri e l’Eufrate nel cuore della Mesopotamia una popolazione compiva un balzo in avanti sconvolgente destinato oggi  a riscrivere i libri di storia.



Sono costruzioni circolari in pietra, ognuna circondata da alte mura con monoliti  a T, in ordine regolare all’interno di ogni edificio ed incise in modo superbo. Queste strutture straordinarie non assomigliano a nessun’altra. Cosa rappresentano, chi sono, e a quale scopo sono stati costrute in un tempo in cui l’uomo doveva trovarsi ancora all’età della pietra.












Sanliurfa…la città dei profeti…a noi è più conosciuta come Edessa, nome datole da Alessandro Magno. Nel 260 d.C avvenne la più celebre delle vittorie persiane ai danni dell’impero romano con la conseguente cattura dell’imperatore Valeriano. Imponenti bassorilievi che commemorano questa imponente vittoria si possono vedere a Bishapur in Iran o in alternativa in questo blog in “destinazione Iran”. Successivamente Edessa prese il nome di Urfa quando gli Ottomani riuscirono a prenderne il possesso. Legata alla memoria di Giobbe e Abramo.






È un luogo magico un po’ esotico il tutto all’ombra di una fortezza medioevale. La città è un’accozzaglia di casermoni immersi nel traffico che non dice molto, ma questo posto è un’oasi di spiritualità.











La leggenda vuole che il profeta Abramo nacque in questa grotta circa 4000 anni fa. Le grandi vasche e l’immancabile moschea… ma questo è un luogo sacro anche per gli islamici per i quali Abramo è uno dei grandi profeti.


…è una straordinaria collezione di mosaici portati alla luce dal ricco sito romano di Belkis-Zugma. Il culto del bello prima che fosse parzialmente sommerso per sempre dalla nuova diga.











Autentico gioiello di questo museo è la Ragazza zingara… uno sguardo intenso che ci arriva dalla profondità del tempo.


Antakya, l’antica Antochia del mondo cristiano. Poche città del mondo antico possono vantare la considerazione che ricevette Antiochia. Fu la terza città più grande dell’impero romano dopo Roma e Alessandria d’Egitto. E’ da Antiochia che Paolo partì per uno dei suoi viaggi missionari alla volta di Roma. È un luogo particolarmente sacro per i cristiani di tutte le confessioni. Qui per la prima volta i “nazareni” vennero chiamati “cristiani” . Una connotazione politica per  distinguerli dalla “galilea”:  indicandoli come “partigiani di Cristo” li identificava come una confessione legata esclusivamente a Cristo. Al di là di disquisizioni lessicali, qui nacque una profonda realtà che con la chiesa trovava una identificazione e che presto sarebbe stata riconosciuta dal mondo romano.



… ho un’immagine precisa, quella di giovani scolaresche islamiche in visita alla chiesa di padre Domenico. Un gruppo un po’ più chiassoso che viene ripreso dal loro insegnante e subito zittito con poche parole indecifrabili ma dal tono deciso. Incuriosito, mi rivolgo al nostro interprete per chiedere cosa avesse detto l’insegnante per renderli così docili e silenziosi. L’interprete, rispondendo alla mia domanda a bassa voce mi dice: “questo è un luogo sacro e bisogna portare rispetto”. E questo mi ha fatto pensare. Mi chiedo cosa possa succedere se un’insegnante della cattolicissima Italia portasse una scolaresca in visita in una moschea … perchè in fondo a noi piace definirci cattolici, come ci piace tenere il piede in 2 scarpe, vogliamo poterci dichiarare orgogliosamente cattolici ma al tempo stesso ignorare quelle parti del vangelo che troviamo troppo difficili o troppo scomode da osservare….






Gli avvenimenti che si stanno sviluppando oggi a pochi chilometri dal confine siriano ci stanno portando in una strada senza uscita. Buona parte dei bacini del Tigri e dell’Eufrate è nelle mani dello stato islamico, una sinistra caricatura dell’islamismo più radicale che si annida in Arabia Saudita tra i suoi vassalli con la complicità ambigua della Turchia di Erdogan, contrario da sempre alla nascita di uno stato Curdo appiccicato ai suoi confini.  L’Isis è un’agghiacciante organizzazione, per molti versi fascista, estremamente settaria, che uccide chiunque non creda nel suo tipo di islam particolarmente rigoroso. La cosa esilarante è che l’unica barriera al dilagare di questa organizzazione sono gli  Hezbollah libanesi, il siriano Hassad e gli Iraniani. Quelli che fino a ieri erano il fronte del male. Antiochia, almeno per il momento, è un modello di convivenza tra religioni che convivono nel reciproco rispetto delle differenze, differenze che costituiscono un pregio e non un difetto. Quello che fa padre Domenico è semplicemente tenere aperto un dialogo tra comunità che da secoli vivono in pace e ricordare a tutti chi siamo e che possiamo ancora fare qualsiasi cosa se vogliamo a livello sociale. Possiamo anche cambiare il nostro modo di pensare. Le prossime generazioni nasceranno da una meravigliosa combinazione di culture. La visione che avranno del mondo sarà diversa perché nascerà da una sintesi di civiltà e culture senza precedenti. Possiamo ancora ricominciare da capo. L’idea che sia troppo tardi per tenere aperto un dialogo è ridicola. Non dobbiamo perdere questa infinita possibilità che abbiamo … perché in fondo è tutto quello che abbiamo …






La chiesa rupestre di San Paolo, scavata nella montagna alle pendici della “montagna della croce” , si dice che sia stato il luogo in cui i primi cristiani si riunirono in segreto per pregare. Quando arrivarono i crociati venne aggiunto  il muro all’entrata.


…un grazie a tutti quelli che ci hanno accompagnato.



Conclusione.

…. È stato un viaggio pesante, distanze interminabili e a sentire i miei compagni di viaggio nemmeno tanto organizzato bene, ma viaggiare è anche questo. La bellezza di un paesaggio come lo vediamo con i nostri occhi è soggettiva,  un’invenzione di chi guarda, di chi interpreta lo spazio, di chi lo scompone e poi gli da un senso estetico o simbolico o entrambe le cose. Sono momenti di transizione, in cui qualcosa cambia e che costituiscono il fondamento della nostra esistenza e quello che siamo. Sono momenti che tendiamo a ricordare perché inevitabilmente ci cambieranno. In fondo cosa cerchiamo in un viaggio?  Cerchiamo qualcosa che ci sposti, qualcosa del quale non eravamo consapevoli prima. Cerchiamo qualcosa che ci faccia vedere il mondo da un altro punto di vista…


***per chi volesse approfondire: il tempio di Gobekli tratto dal National Geographic.

  ▶ Documentario: Il mistero di Gobekli Tepe, la Culla degli Dei [National Geographic] - Video Dailymotion